sabato 9 marzo 2013

MI PRESENTI I TUOI? di Jay Roach

Ho sempre pensato che sia estremamente più facile scrivere una recensione molto accurata che fare un brutto film. Pertanto vado sempre coi piedi di piombo nel giudicare negativamente quel che ritengo essere comunque un’‘opera dell’ingegno’. E anche quando non sono soddisfatto di quel che ho visto, cerco di evidenziarne i pochi (per me) pregi che vi scorgo.
Ma, voltando pagina… a chi giova uno che scrive solo elogi?
Comincerò con la stessa frase che ho speso per commentare le mie pellicole preferite (Volevo solo dormirle addosso e 36 - Quai des orfévres) fra quelle viste da quando ho iniziato questa estemporanea attività di recensore, e cioè più o meno: “Era da tempo che non si vedeva un film così…”. Ma proseguirò in modo diverso.
Era da tempo che non si vedeva un film così indifendibile e irrispettoso nei confronti di un pubblico giovanile, che pur si accontenterebbe di poco (come del primo, già mediocre Ti presento i miei, dopo il quale non sarei andato a vederne un seguito senza la spinta di un amico). Ciò che ho visto supera le mie peggiori aspettative e mi spinge ad affiancare idealmente quanto a vuotezza questo film ad un’altra debolissima commedia di pochi anni fa dal titolo Storia di noi due con Bruce Willis e Michelle Pfeiffer.
I film con Ben Stiller hanno ormai il marchio di fabbrica di un trash praticamente identico alle nostre commediacce d’annata con Alvaro Vitali, che oggi vengono ingiustamente rivalutate al pari dei film di Mario Bava.
In “Mi presenti i tuoi?” è più che evidente che si è voluto tirar via su tutto, facendo leva esclusivamente su due cose: l’ottimo riscontro di pubblico del primo film e il cast stellare incastrato dai produttori in nome di tale successo. Questa sfilacciatissima pernacchia cinematografica è costruita su una trama priva di fantasia, che riassumerò facilmente in poche parole; tanto ciò che vi è in mezzo è costituito da pura noia e scontate, forzatissime battute.
De Niro e moglie decidono di conoscere, insieme a genero e figlia, i loro consuoceri (i Fotter: Hoffman e Streisand) scoprendo che si tratta di due zotici erotomani, con credo e abitudini opposti ai loro. Poco dopo De Niro scopre che forse il genero (ovviamente Stiller) ha un figlio segreto nato quindici anni prima da un rapporto con la ex domestica di famiglia. Dopo essersi ricreduto grazie alla prova del dna, il diffidente De Niro rivaluta l’intera famiglia dei Fotter. Anche perché la Streisand, riabilitatrice erotica di arzilli vecchietti tramite danza, era stata di grande aiuto ad un anziano giudice con cui lui e Hoffman si sono trovati ad avere a che fare per colpa di un poliziotto troppo zelante.
Quel che si vede nel frattempo è un collage di raffinatissime gags a base di prepuzi conservati dopo la circoncisione che cadono nella zuppiera, segreterie telefoniche che parlano di flatulenze, cani che vengono risucchiati nel w.c. e salvati per miracolo, e via discorrendo.
Perdonatemi se ho scelto per questo commento toni più ‘personali’ e soggettivi del solito a scapito di un approccio più assoluto e di ampio respiro, ma mi sembrava giusto così, dal momento che non si tratta propriamente di un elogio.
Il parlare di questo film mi da l’occasione per fare una considerazione sul confronto che un noto settimanale ha voluto fare fra i lavori dei cosiddetti ‘tre tenori del cinema’ che stanno contendendosi in questi giorni i favori del pubblico: la mia personalissima opinione è sempre stata che De Niro e Hoffman siano superiori a Pacino. Ma va detto che il nuovo film che vede quest’ultimo protagonista (Il mercante di Venezia), per quanto non perfetto, ha l’indubbio pregio di essere Cinema.
Mentre dal mitico De Niro, ormai, mi aspetto che continui a interpretare il Jack della saga dei Fotter con nonchalance fino ai prossimi cinque anni, visto che lui ha affermato che non gli dispiace affatto essere identificato dal pubblico giovanile con quel personaggio.
Può darsi che non sia il mio genere, ma altre commedie non particolarmente sofisticate come Starsky e Hutch (sempre con Stiller), se non altro due risate me le avevano fatte fare. Era chiaro che qualcuno si era sforzato per scrivere un copione il più possibile divertente.
A volerla dire tutta anche l’unico momento davvero comico di questo film deriva indirettamente proprio da Starsky e Hutch, visto che nel finale abbiamo la sorpresa dell’arrivo in scena in tono divistico di Owen Wilson in veste di special-special guest star! Il fatto di stupire il pubblico con il trionfale cameo di una tale ‘celebrità’ in un film che vede protagonista il trio De Niro-Hoffman-Streisand ha effettivamente un ché di esilarante. Comprensibile però la consapevolezza degli autori che la commedia poliziesca con Stiller e Wilson sia un caposaldo della cinematografia rispetto al loro lavoro.
Nel quale, oltre a informazioni curiose che mostrano il pentotal come “siero della verità” (sic), si nota una trasandatezza registica che avrebbe dovuto essere evitata almeno in nome delle fulgide carriere dei tre attori principali. Per dirne una, ho notato una cosa mai vista nei primi 1.000 film circa da me visionati nelle sale: in almeno due scene fa vistosamente capolino dall’alto un grosso microfono come - in alcuni rarissimi casi - nelle vecchie edizioni in vhs in ‘open matte’ (eliminazione delle barre di copertura ai margini orizzontali) che non erano certo state avvallate dai registi dei film pubblicati. Buona la prima!
 
Giovanni Modica (recensione fatta nel febbraio del 2005)

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