sabato 9 marzo 2013

CHRISTMAS IN LOVE di Neri Parenti

Il mio sprezzo del pericolo mi porta periodicamente a dare fiducia a chi viene, spesso giustamente, bastonato dagli osservatori più ‘colti’.
L’ultima volta che ho visto un film con Boldi e De Sica al cinema è stato all’epoca di A spasso nel tempo, e devo dire che all’uscita dalla sala mi sono seriamente posto un dubbio sul quoziente intellettivo (non me ne vogliano gli estimatori di quel film) di quei miei connazionali che vanno al cinema una volta l’anno solo per vedere una cosa del genere, che percepivo come una mancanza di rispetto per lo spettatore.
Sono passati più di dieci anni e, aiutato nello spirito dalla presenza nel cast di Danny De Vito, dalla presentazione del film come ‘meno farsesco’ e più ‘situazionistico’, nonché dalla diceria che fosse condito da minor turpiloquio, questa volta ho deciso di riprovare a vedere una pellicola di questa indistruttibile premiata ditta che ormai si è ritagliata uno spazio come realtà duratura del costume cinematografico nostrano.
In precedenza, fra i film del filone che avevo visto soprattutto in televisione, confesso che qualcuno mi aveva anche divertito (un poco Yuppies-i giovani di successo, abbastanza Sognando la California e Vacanze di Natale ’95), quindi non voglio propinarvi la balla di essere andato a vedere questo prodotto per constatare fino a che punto di decadenza eravamo arrivati (e poi chi ci crederebbe?)!
È evidente che non è un film di regia, né di attori, ma puramente di sceneggiatura, e devo ammettere che, per l’occasione della presenza del grande (in senso di importanza) De Vito, il team ha giganteggiato. Queste cose vanno dette. Perché se nessuno lo fa, gli autori di certi lungometraggi, in assenza di riscontri da parte di chi si reputa più esigente - ma è chiaro che il compito spetta soprattutto ai critici veri e propri - ricominceranno a sfornare mediocrità come il Vacanze di Natale ’91 in cui era stato coinvolto anche il povero Alberto Sordi. Tanto per il grosso pubblico, a quanto pare, è esattamente la stessa cosa.
A parte Danny De Vito l’unico bravo del cast è, come sempre, Massimo Boldi, attore che fosse capitato negli anni ’50 sarebbe stato valorizzato a dovere, carico com’è di quella vena surreale, di quella voce e di quelle espressioni che in uno sketch televisivo bastano da sole a fare scattare una sana risata, come direbbe Dario Fo, di tipo ‘ventrale’; ma che di sicuro, all’interno di un film intero, non potrebbero mai bastare senza qualcosa di più ricercato. Per aiutare i più refrattari a riconoscere il talento poliedrico di Boldi, ricordo volentieri l’unica prova drammatica della sua carriera, quel Festival di Pupi Avati che, costituendo l’unico fiasco commerciale dell’attore, spinse quest’ultimo - più sensibile alle logiche degli incassi che a quelle artistiche - a non dare più seguito a questa svolta.
De Sica fa come al solito la pallida imitazione di Sordi, mettendoci ogni tanto un che di suo padre in versione attore, con in più il suo classico sovraccarico di smorfie. Sarebbe anche lui un discreto interprete se si lanciasse di più in ruoli drammatici simili a quelli di una fiction Rai di poco tempo fa… ma lui si ritiene un comico, e in questo genere, checché ne dicano lui e il suo pubblico, sarebbe meglio lasciasse fare alla sua storica spalla più in carne.
Allora cos’è che funziona veramente in questo film? Il soggetto, che si rivela decisamente molto al di sopra non solo dei film della serie ma anche della produzione comica media italiana di oggi. Non c’è solo mimica o lazzi, ma anche costruzione. Le parole volgari sono ben più di una, ma non arrivano (quasi) mai ad essere fini a se stesse. I tanti equivoci non sono scontati, e ci sono almeno due sorprese nella trama. Il  finale magari è un tantino cinico, ma non arriva a togliere quel sapore di commedia brillante quasi americana che pervade lo scoppiettante film. Contribuisce a questo clima anche la canzone, che riprende anch’essa - e non solo per il suo suono rétro - una tradizione dimenticata da anni in Italia: il brano fatto apposta per il film! Presente nei titoli di testa e in quelli di coda, questo pezzo scritto da Tony Renis racchiude come una luccicante cornice jazz o come un fiocco rosso natalizio questa commedia fatta di bollicine e fuochi d’artificio.
Certo, fosse stato concepito negli anni ’50 o primi ’60, questo film avrebbe dovuto rivaleggiare con ben altri tipi di commedie made in Italy… ma nel 2004/2005 sembra quasi un miracolo divertirsi dall’inizio alla fine di un film senza pesanti cadute di stile ed eccessi di surrealità.
 
L’ambiente è la Svizzera, e la storia è composta da tre episodi intrecciati. De Sica e la Ferilli sono due chirurghi plastici che un tempo furono coppia e che hanno giurato odio eterno l’uno nei confronti dell’altra, cercando di evitarsi (invano) anche nei luoghi da scegliere per le vacanze.
Boldi è un pilota - nonostante l’età, ma non sottilizziamo - all’apice del successo che prende una sbandata per la bellona (Alena Seredova) che gli consegna il trofeo, ed ha una figlia (la solita Capotondi, che dopo il film di Cappuccio è tornata al genere popolare) che s’innamora di un disoccupato più vecchio (De Vito) e più basso di lei di almeno 10 cm... . E Anna Maria Barbera, nell’episodio più debole del film, che vince un viaggio con Ronn Moss di “Beautiful”, espressivo come lo stucco.
Naturalmente le cose non rimarranno così come le ho descritte io qui sopra: ci saranno rimescolii totali e capovolgimenti di ruolo a non finire.
Il finale ha un effetto rewind che richiama quello di un vecchio film con Montesano dal titolo A me mi piace e può non essere di gradimento a tutti, ma se si entra nell’ottica dello sberleffo e si vedono i protagonisti come fossero personaggi tratti dai fumetti di Bonvi, il divertimento non si perde.
Tornando al cast, c’è da sottolineare che il mitico regista di La guerra dei Roses non si è affatto risparmiato, ed ha dato vita al suo personaggio con lo stesso fiato ed entusiasmo che riserva a  commedie ben più costose e di maggiore visibilità, rinunciando forse anche ad un compenso più elevato pur di lavorare nella sua patria d’origine. A tal proposito, bravo Aurelio De Laurentiis: per il cinema è giusto approfittare di questi sentimenti! Ronn Moss, come già detto in precedenza, dà il suo contributo con un’ideale $ scritta sulla fronte, ma gli si deve dare l’attenuante che gli è stata affiancata la Barbera, cosa che… ‘sconsolerebbe’ chiunque!
Per il pubblico femminile, forse Neri Parenti avrebbe dovuto chiedere di più a Moss, come, che so… un abbozzo di strip. Ma per fortuna ci pensa Boldi a compensare questa mancanza, con uno splendido nudo integrale (solo di spalle, purtroppo)! Se non vi basta, o donne che leggete, tenete conto che per il pubblico maschile non mostrano le loro grazie né la Seredova, né la Ferilli né la Capotondi. Per quanto riguarda la Barbera, siamo contenti che non faccia eccezione.
Da notare la superba interpretazione dello storico comprimario Enzo Salvi, decisamente la migliore della sua carriera, dal momento che questa volta non occupa nemmeno un fotogramma in pellicola.
La scena più divertente, da un punto di vista soprattutto visivo, è quella mostrata nei trailer, con Boldi che entra nudo con la Seredova in una stanza buia non sapendo che proprio lì era atteso da moglie, amici e parenti con la torta di compleanno pronta per lui; dando poi la colpa per il suo abbigliamento adamitico al caldo e usando come ventaglio proprio il quadretto con la foto di lui e sua moglie!
Neri Parenti si era quasi avvicinato a un miglioramento con l’ormai vecchiotto Infelici e contenti, ma per scontare le nefandezze della serie di Fantozzi ci vuole ben altro, e questa potrebbe essere la strada giusta. Coraggio!
 
Giovanni Modica (recensione fatta nel dicembre del 2004)

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